A cura della dottoressa Giuseppina Di Leva

“Poiché l’autostima è associata al benessere psicologico e alla salute fisica,
aumentare l’autostima sarebbe un modo ideale per aiutare a prevenire i problemi di
salute più tardi nella vita […]
La soluzione migliore potrebbe essere di impedire all’autostima di calare”.
Sarah Y. Liu, 2014
.

L’autostima, il senso di valore di sé percepito (Coopersmith, 1967), è un aspetto importante dei processi di adattamento in tutte le fasi della vita, ma soprattutto in adulti più anziani. Il costrutto è legato alla qualità
dell’adattamento, al benessere, alla salute, alla soddisfazione di vita (Stinson et al., 2008) e all’empowerment individuale (Francescato, 2010).


Donata Francescato (2010) afferma che “Nelle storie delle persone empowered si evidenzia un’autostima elevata che le porta ad essere soddisfatte di quello che hanno realizzato nella loro vita.”
Nella ricerca geriatrica, è stato evidenziato che una buona autostima può svolgere un ruolo chiave nel processo di invecchiamento di successo, predire l’indipendenza, la stabilità cognitiva, e la salute generale
durante la vecchiaia (Baltes e Baltes, 1990; Markus ed Herzog, 1991).
Un’autostima positiva è un fattore che favorisce la prevenzione di numerose patologie e, in caso di malattie, aumenta la velocità del processo di guarigione, ma soprattutto aumenta il benessere personale
(Myers e Sweeney, 2005) e la soddisfazione di vita (Krause, 1987).


Alti livelli di autostima, ovvero quando una persona esprime un giudizio globale di valore positivo sulle proprie capacità o caratteristiche non legate solo a un preciso ambito (Francescato, 2010; Francescato et al., 2005), risultano associati a caratteristiche positive quali iniziativa, coping, persistenza di fronte alle sfide, felicità e longevità (Baumeister et al., 2003). Al contrario, bassi livelli di autostima sono stati associati con abuso di sostanze, delinquenza, infelicità, depressione, disturbi alimentari, e ad un mancato recupero dopo le malattie (Eysenck, 1990; Hoyle et al., 1999; Leary e McDonald, 2003). Caprara e Steca (2005; 2006; 2007) hanno ampiamente evidenziato come l’autostima, insieme ad altre variabili, condivida con la soddisfazione di vita un comune processo valutativo sostanziabile in una generale positività nella lettura della propria esperienza di vita passata, presente e futura.


Non risultano chiari i possibili meccanismi biologici posti alla base dell’autostima, o alla base dell’associazione tra autostima, salute e malattia. Un probabile nesso potrebbe essere rappresentato dall’insieme delle strutture e dei sistemi relativi alle reazioni degli individui allo stress. Una bassa autostima è associata con stress cronico e con la percezione di avere un maggior numero di problemi quotidiani da affrontare.


Viceversa, un’autostima alta tende ad essere fortemente associata con un locus of control interno, o con il senso di autoefficacia percepita (DeLongis, et al., 1988; Lo, 2002; Petrie e Rotheram, 1982; Whisman e Kwon,
1993; Pruessner, et al., 2005).
Il costrutto, invece, non appare legato all’età cronologica, ma bensì alla qualità dell’integrazione sociale alla capacità di adattamento dell’individuo per far fronte agli eventi di vita, tra cui il declino fisico e cognitivo della persona. Di conseguenza, il processo di invecchiamento, a prescindere dal declino in molte aree di attività mentale, non determina necessariamente una diminuzione di autostima (Alaphilippe, 2008).

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